martedì 30 marzo 2010

Happy Hippo The Lion Sleeps Tonight

Lettera ad un figlio

Se puoi vedere distrutto il lavoro di tutta la tua vita
e senza dire una parola ricominciare,
se puoi perdere i guadagni di cento partite
senza un gesto e senza un sospiro di rammarico,
se puoi essere un amante perfetto
senza che l'amore ti renda pazzo,
se puoi essere forte senza cessare di essere tenero
e sentendoti odiato non odiare, pure lottando e difendendoti.
Se tu sai meditare, osservare, conoscere,
senza essere uno scettico o un demolitore,
sognare senza che il sogno diventi il tuo padrone,
pensare senza essere soltanto un pensatore,
se puoi essere sempre coraggioso e mai imprudente,
se tu sai essere buono e saggio
senza diventare nè moralista, nè pedante.
Se puoi incontrare il Trionfo e la Disfatta
e ricevere i due mentitori con fronte eguale,
se puoi conservare il tuo coraggio e il tuo sangue freddo
quando tutti lo perdono.
Allora i Re, gli Dei, la Fortuna e la Vittoria
saranno per sempre tuoi sommessi schiavi
e, ci che vale meglio dei Re e della Gloria,
Tu sarai un uomo.
Rudyard Kipling

lunedì 29 marzo 2010

Mina - Cercami

Il Segreto del Pensiero Vivente

Rilassati

Antico consiglio Cinese

Il famoso poeta Giapponese


A un famoso poeta giapponese fu domandato come si componga una poesia cinese.

«La consueta poesia cinese è di quattro versi» spiegò lui.
«Nel primo verso c’è la premessa;
nel secondo c’è la continuazione di quella premessa;
il terzo verso si allontana dall’argomento e ne comincia uno nuovo;
e il quarto verso collega i primi tre.

Un canto popolare giapponese esemplifica quanto ho detto:

A Kyoto vivono le due figlie di un mercante di seta.
La più grande ha vent’anni, la più giovane diciotto.
Un soldato può anche uccidere con la sua spada,
Ma queste ragazze uccidono gli uomini coi loro occhi.
»

i piccoli gesti che le donne amano

sabato 27 marzo 2010

Il leprotto Pasquale



C'erano una volta un papà leprotto ed una mamma leprotta, che avevano sette leprottini e non sapevano quale sarebbe diventato il vero leprotto di Pasqua. Allora mamma leprotta prese un cestino con sette uova e papà leprotto chiamò i leprottini. Poi disse al più grande: "Prendi un uovo dal cestino e portalo nel giardino della casa, dove ci sono molti bambini."
Il leprotto più grande prese l'uovo d'oro, corse nel bosco, attraversò il ruscello, uscì dal bosco, corse per il prato e giunse al giardino della casa. Qui voleva saltare oltre il cancello, ma fece un balzo così grande e con tanta forza che l'uovo cadde e si ruppe.
Questo non era il vero leprotto di Pasqua.
Ora toccava al secondo. Egli prese l'uovo d'argento, corse via nel bosco, attraversò il ruscello, uscì dal bosco, corse per il prato, quando la gazza gridò "Dallo a me l'uovo, dallo a me l'uovo, ti regalerò una moneta d'argento!" E prima che il leprotto se ne accorgesse la gazza aveva già portato l'uovo d'argento nel suo nido.
Neanche questo era il vero leprotto di Pasqua.
Ora toccava al terzo. Questi prese l'uovo di cioccolato. Corse nel bosco, attraversò il ruscello, uscì dal bosco e incontrò uno scoiattolo che scendeva, saltellando, da un alto abete. Lo scoiattolo spalancò gli occhi e chiese: "Ma è buono l'uovo?"
"Non lo so," rispose il leprotto, "lo voglio portare ai bambini."
"Lasciamene assaggiare un po'!", disse lo scoiattolo.
Lo scoiattolo cominciò a leccare e poiché gli piaceva tanto, non finiva mai ed anche il leprotto leccò e mangiucchiò, fino a che dell'uovo non rimase più nulla; quando il terzo leprotto tornò a casa, mamma leprotto lo tirò per la barbetta ancora piena di cioccolato e disse: "Neanche tu sei il vero leprotto di Pasqua."
Ora toccava al quarto.
Il leprottino prese l'uovo chiazzato. Con quest'uovo corse nel bosco e arrivò al ruscello, saltò sul ramo d'albero posto di traverso, ma nel mezzo di fermò. Guardò giù e si vide nel ruscello come in uno specchio. E mentre così si guardava, l'uovo cadde nell'acqua con gran fragore.
Neanche questo era il vero leprotto di Pasqua.
Ora toccava al quinto. Il leprotto prese l'uovo giallo. Corse nel bosco e, ancor prima di giungere al ruscello, incontrò la volpe, che gli disse: "Su, viene con me nella mia tana a mostrare ai miei piccoli questo bell'uovo!"
I piccoli volpacchiotti si misero a giocare con l'uovo, finché questo urtò contro un sasso e si ruppe.
Il leprotto tornò mesto a casa, con le orecchie basse.
Neanche lui era il vero leprotto di Pasqua.
Fu così la volta del sesto leprotto, che prese l'uovo rosso. Corse nel bosco, incontrò per strada un altro leprotto, appoggiò il suo uovo sul sentiero e presero ad azzuffarsi.
Si diedero grandi zampate, e alla fine l'altro se la diede a gambe.
Ma quando il leprottino cercò il suo uovo, lo trovò che era stato calpestato e ridotto in mille pezzi.
Neanche lui era il vero leprotto di Pasqua.
Ora toccava al settimo. Il leprotto più giovane ed anche il più piccolo. Egli prese l'uovo blu e corse nel bosco.
Per strada incontrò un altro leprotto, ma lo lasciò passare e continuò la sua corsa. Incontrò anche la volpe, ma il leprotto fece un paio di salti in qua e in là e continuò a correre, finché giunse al ruscello.
Con lievi salti lo attraversò, passando sul tronco dell'albero. Quì incontrò lo scoiattolo, ma egli continuò a correre e giunse al prato.
Quando la gazza strillò, egli rispose: "Non mi posso fermare, non mi posso fermare!" e continuò a correre.
Finalmente giunse al giardino della casa. Il cancello era chiuso. Allora fece un salto, né troppo grande né troppo piccolo, e depose l'uovo nel nido che i bambini avevano preparato.
Lui era il vero leprotto di Pasqua!

venerdì 26 marzo 2010

Un pensiero positivo per il week end

“Non possiamo pretendere che le cose cambino, se continuiamo a fare le stesse cose. La crisi è la più grande benedizione per le persone e le nazioni, perché la crisi porta progressi. La creatività nasce dall'angoscia come il giorno nasce dalla notte oscura. E' nella crisi che sorge l'inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi supera sé stesso senza essere 'superato'. Chi attribuisce alla crisi i suoi fallimenti e difficoltà, violenta il suo stesso talento e dà più valore ai problemi che alle soluzioni. La vera crisi, è la crisi dell'incompetenza. L' inconveniente delle persone e delle nazioni è la pigrizia nel cercare soluzioni e vie di uscita. Senza crisi non ci sono sfide, senza sfide la vita è una routine, una lenta agonia. Senza crisi non c'è merito. E' nella crisi che emerge il meglio di ognuno, perché senza crisi tutti i venti sono solo lievi brezze. Parlare di crisi significa incrementarla, e tacere nella crisi è esaltare il conformismo. Invece, lavoriamo duro. Finiamola una volta per tutte con l'unica crisi pericolosa, che è la tragedia di non voler lottare per superarla”

Albert Einstein

L'uccello a due teste

C'era una volta un uccello con due teste e un corpo: la testa di destra era vorace e abilissima nella ricerca del cibo, mentre quella di sinistra, altrettanto ghiotta, era maldestra.
La testa di destra riusciva sempre a nutrirsi a sazietà, mentre quella di sinistra era incessantemente tormentata dalla fame.
E così un giorno la testa sinistra disse alla destra: "Conosco, qui vicino, un'erba squisita di cui ti delizieresti: vieni, ti conduco dove cresce ".
In realtà sapeva che quell'erba era velenosa, ma voleva con questo stratagemma uccidere l'altra testa, per poter poi mangiare a piacimento.
E la testa di destra mangiò l'erba, e il veleno uccise l'uccello dalle due teste.


Dov'è il gusto?


Ecco un altro koan.1 Un maestro offri al suo discepolo un melone.
" Come ti sembra? " gli domandò. " Ha gusto? ".
" Oh, si! Un gusto squisito! " rispose il discepolo.
Il maestro gli pose allora questa domanda: " Dov'è il gusto, nel melone o nella lingua? ".
Il discepolo rifletté e si addentrò nei meandri di un complesso ragionamento: " Il sapore deriva dell'interdipendenza, non solo tra il gusto del melone e quello della lingua, ma anche dall'interdipendenza tra... ".
" Stolto! Tre volte stolto! " lo interruppe il maestro, in un impeto d'ira. " Perché complichi il tuo modo di pensare? Il melone e buono. Basta questo per spiegarne il gusto. La sensazione è buona. Di altro non c'e bisogno".



1 Koan: sorta di problema che, nello Zen Soto, il maestro assegna ai discepoli e la cui soluzione non può esser trovata intellettualmente, bensì intuitivamente.

Sorridi sempre e comunque...

giovedì 18 marzo 2010

La ninna-nanna di Edward

La ninna-nanna di Edward

...Bè dai Edward, suona per lei...

le sue dita iniziarono a correre veloci sui tasti d'avorio,
e il salone si riempì del suono...
"Bella, arriverei ad odiare me stesso, se dovessi farti del male.
Il pensiero di te bianca, immobile, fredda...
di non vederti più avvampare di rossore,
di non poter più cogliere la scintilla nel tuo sguardo
quando capisci che ti sto prendendo in giro...
non sarei in grado di sopportarlo"
Mi fissò con i suoi occhi meravigliosi e angosciati.
"Ora tu se la cosa più importante per me.
La cosa più importante della mia vita"
"Cos'hai sentito?",
mi uscì con un suono lamentoso.
I suoi occhi dorati mi sfiorarono con uno sguardo dolce.
"Hai detto che mi amavi".
"Lo sapevi già", dissi, chinando la testa.
"Però è stato bello sentirlo".
"Se fossi capace di sognare ,sognerei te. E non me ne vergogno"
"L'amore è irrazionale", pensai,
"Più ami qualcuno, più perdi il senso delle cose.."
Non sono in grado di vivere al mondo se non ci sei tu,
Bella
Sono qui e ti amo.
Ti ho sempre amata
e sempre ti amerò
"Tu mi ami", disse, meravigliata.
La sensazione di certezza e convinzione mi assalì di nuovo.
Malgrado l'ansia nel suo sguardo, sfoderò il sorriso sghembo che tanto adoravo.
"E' così, davvero."
Il mio cuore si gonfiò a tal punto da rischiare di esplodere.
Mi riempì il petto, mi lasciò senza fiato.
Mi desiderava davvero.
Come desideravo lei:
per sempre.
Prometto di amarti per sempre, ogni singolo giorno, per l'eternità.
Mi vuoi sposare?
"Se tutto il resto perisse, e lei rimanesse, io continuerei ad esistere;
e, se tutto il resto rimanesse e lei fosse annientata,
l'universo diverebbe per me, un'immensa cosa estranea."
La osservai con attenzione.
Dala parte opposta della catena rispetto al lupo adesso
era appeso un cristallo a forma di cuore.
Aveva un milione di sfaccettature, perciò brillava in maniera impressionante,
perfino sotto la luce smorzata della lampada.
Rimasi senza fiato.
"Ma mi rappresenta bene credo" continuò "è freddo e duro" rise
"ed esposto alla luce irradia arcobaleni".
"Dimentichi la similitudine più importante", sussurai, "è bellissimo".
"e il mio cuore muto come lui", disse tra se, "anche quello ti appartiene".
Girai il polso per far brillare il cuore.
"Grazie per avermi regalato entrambi"
La canzone che stava suonando, la mia canzone,
veleggiò verso gli ultimi accordi, più malinconici.
L'eco dell'ultima nota fu enfatizzata dal silenzio della casa...
Dormi mia Bella.
Fai dei sogni felici
Tu sei l'unica che mi abbia mai preso il cuore
Sarà per sempre tuo
Dormi mio unico amore!

"La mortadella" di Saverio e Lele

martedì 16 marzo 2010

Il gusto del leggere

Leggere, potere leggere, avere il gusto di leggere, è un privilegio. È un privilegio della nostra intelligenza, che trova nei libri l’alimento primo dell’informazione e gli stimoli al confronto, alla critica, allo sviluppo. È un privilegio della fantasia, che attraverso le parole scritte nei secoli si apre il varco verso l’esplorazione fantastica dell’immaginario, del mareggiare delle altre possibilità tra le quali si è costruita l’esperienza reale degli esseri umani. È un privilegio della nostra vita pratica, perfino economica: chi ha il gusto di leggere non è mai solo e, con spesa assai modesta, può intessere i più affascinanti colloqui, assistere agli spettacoli più fastosi. Non c’è cocktail party, non c’è terrazza, non happening, non premiere che offra quello che chi ha gusto di lettura può trovare solo allungando la mano verso un qualsiasi modesto palchetto di biblioteca. Non c’è Palazzo che valga quello di Armida, o quell’ hegeliano castello del sapere dalle cento e cento porte, dove suonano solo le quiete voci della conoscenza e della fantasia. E mentre altre esperienze si consumano nel ripetersi, nel leggere, invece, come ha detto una volta un poeta, dieci e dieci volte possiamo tornare sullo stesso testo, ogni volta riscoprendone un nuovo senso, un più sottile piacere.

da Il gusto della lettura

L'eco del tempo video poesia

giovedì 11 marzo 2010

Oggi ricorre l'anniversario di matrimonio di Romeo e Giulietta

Silenzio! Quale luce irrompe da quella finestra lassù?
È l’oriente, e Giulietta è il sole.
Sorgi, vivido sole, e uccidi l’invidiosa luna,
malata già e pallida di pena
perché tu, sua ancella, di tanto la superi in bellezza.
Non essere la sua ancella, poiché la luna è invidiosa.
Il suo manto di vestale è già di un verde smorto,
e soltanto i pazzi lo indosano. Gettalo via.
È la mia donna; oh, è il mio amore!
se soltanto sapesse di esserlo.
Parla, pure non dice nulla. Come accade?
Parlano i suoi occhi; le risponderò.
No, sono troppo audace; non parla a me;
ma due stelle tra le più lucenti del cielo,
dovendo assentarsi, implorano i suoi occhi
di scintillare nelle loro sfere fino a che non ritornino.
E se davvero i suoi occhi fossero in cielo, e le stelle nel suo viso?
Lo splendore del suo volto svilirebbe allora le stelle
come fa di una torcia la luce del giorno; i suoi occhi in cielo
fluirebbero per l’aereo spazio così luminosi
che gli uccelli canterebbero, credendo finita la notte.
Guarda come posa la guancia sulla mano!
Oh, fossi un guanto su quella mano
e potessi sfiorarle la guancia!

W.Shakespeare

martedì 9 marzo 2010

Qui senza te

Cicciopennello

Lui era innamorato da anni di una splendida ragazza di nome Maria, e fino a quel momento non aveva mai avuto relazioni sessuali con lei. Finchè un giorno si decise, la accarezzò dolcemente, poi le tolse lentamente i vestiti, ma quando cercò di andare oltre, lei si scusò dicendo che avrebbe fatto l'amore solo dopo il matrimonio, che solo allora avrebbero fatto questo e altro e che in quella data, se lui avesse avuto pazienza, gli avrebbe permesso di fare anche cicciopennello con lei.
Confuso ed eccitato, l'uomo andò dalla Peppina, una donna con la quale si concedeva qualche scappatella. Quando furono insieme, si svestirono e lui le chiese di fare a cicciopennello. La donna fece un passo indietro, raccolse i vestiti dell'uomo e glieli tirò dicendogli di rivestirsi, perché lei era una donna rispettabile e mai e poi mai avrebbe accettato di fare una cosa simile, così lo sbattè fuori di casa dicendogli di non presentarsi mai più.
Più confuso di prima, l'uomo decise allora di andare in una casa chiusa. Scelse una donna piacente, salì con lei in camera e qui le chiese se lei era disposta a fare qualunque cosa. Lei naturalmente gli rispose di si, che per denaro avrebbe fatto qualunque cosa. Lui si fece forza e le chiese di fare a cicciopennello.
La donna inorridì, e gli disse alterata che anche se era una prostituta rimaneva pur sempre una donna rispettabile, e lo sbattè fuori dalla porta.
Udendo questo frastuono, la madama salì le scale e notato l'uomo gli chiese cosa fosse successo. Lui allargò le braccia e le disse che aveva solo chiesto alla donna di fare un po' di cicciopennello con lui. All'udire ciò, la madama andò su tutte le furie e cominciò a prenderlo a pugni e calci, e mentre lo sbatteva fuori di casa gli urlò che quello non era un posto per questo genere di cose.
L'uomo credeva ormai di impazzire, l'ansia e la curiosità gli attanagliavano la gola al punto che credeva di soffocare. Corse a casa della fidanzata Maria e le chiese di sposarlo immediatamente. Voleva fare l'amore, e più di tutto voleva finalmente fare cicciopennello con lei.
Maria accettò entusiasta e gli disse che lo avrebbe reso un uomo felice, che avrebbero potuto fare l'amore e cicciopennello ogni volta che lui lo avesse voluto. Trovarono un prete, si sposarono quella notte stessa e partirono immediatamente per il viaggio di nozze in auto. Lui era più che mai ansioso, voleva arrivare presto al primo hotel per fare finalmente cicciopennello con lei. Ma l'ansia lo tradì, ebbe un attimo di disattenzione e l'auto sbandò paurosamente, provocando un incidente.
Maria morì sul colpo, ed io sono ancora qui senza sapere cosa sia il cicciopennello. Ho perso il mio tempo a leggere questa stupida storiella senza un finale e nessuno mi ha voluto spiegare cosa fosse questo cicciopennello, così non ho nessuna voglia di rimanere con questo dubbio da solo e l'ho fatta leggere anche a te...

Carabinieri

The best hero

mercoledì 3 marzo 2010

lunedì 1 marzo 2010

L'importanza-assenza-di una lettera

La - è una lette-a impo-tante, una lette-a di ca-atte-e, tanto che se manca il testo semb-a completamente p-ivo di azione, iniziativa,
fo-za... si! Fo-za valo-e g-inta - abbia co-aggio... cosa sa-ebbe la lette-atu-a senza -, senza quel pa-ticola-e - uggito che ci fa t-ema-e la lingua diet-o i denti...
la - dei colori più, più, più... non so: ne-o - osso ve-de
può semb-a-e una sciocchezza ma fa diffe-enza legge-e
t-ema-e fo-za co-aggio ve-de g-inta - abbia

e

tremare forza coraggio grinta rabbia, o no?

Rrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrr! (Teoria davvero stramba!)

Grande Fiore!!!